Pubblicato 18/09/2020
Alina travolta e uccisa da un’ubriaca. E non solo…
Erano le 9,47 di una domenica mattina, del 7 aprile 2019. Alina si trovava sulla ciclopedonale di via Salinatore a Forlì. Fu travolta e uccisa da una sua coetanea 26enne di Castrocaro, Martina Mercuriali imbottita di alcool e droga alla guida di un’auto Nissan Micra. Il cinque marzo2020 ci sarà l’udienza preliminare…
Ora l’istruttoria della polizia ha ceduto il passo all’istruttoria del magistrato. L’udienza preliminare è stata fissata per il prossimo 5 marzo 2020 presso il tribunale di Forlì. Si tratta di un omicidio stradale in tutti i sensi! Un delitto incredibile, assurdo, inaspettato, che poteva essere evitato! Alina Marchetta è stata investita e uccisa il 7 aprile dello scorso anno sulla ciclopedonale di viale Salinatore di Forlì sull’area riservata ai pedoni, da Martina Mercuriali che imbottita di alcool e droghe pesanti era alla guida di un’auto.
Non mancheranno le voci per ribadire la Giustizia e non sarà il grido di una giustizia privata o di un privato dolore soltanto ma quello di molti, perché la Mercuriali che ha commesso l’omicidio stradale ha chiesto e ottenuto la revoca della misura di custodia: così potrà agilmente frequentare l’università di Bologna al fine di tracciare il suo percorso di vita, senza pagare il conto. Eppure è stata arrestata con l’accusa di omicidio stradale poiché, dopo l’alcool test, risultò che il suo tasso alcolemico nel sangue era pari a 1,78 g/litro, mentre il limite fissato dalla legge è di 0,5 g/litro. E per chi causa un omicidio al volante «per colpa», trovandosi in stato di grave ebbrezza (più di 1,5 g di alcool per litro di sangue) o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti è prevista una pena molto alta: la reclusione da otto a dodici anni e al ritiro della patente per quindici. Quindi, esiste una legge per fatti del genere, la numero 41 del 23 marzo 2016, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 24 marzo andata in vigore dal giorno successivo, che introduce nel nostro ordinamento una nuova fattispecie di reato, l’omicidio stradale per chi, ponendosi alla guida di un veicolo a motore in stato di ebbrezza alcolica o di alterazione psicofisica conseguente all’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope, ai sensi degli articoli 186, comma 2, lettera c), e 187 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, cagioni per colpa la morte di una persona, Ma per quale motivo non viene applicata? Alina Marchetta aveva ventisei anni, un esempio di brillante giovane donna, pulita e solare. La sua straordinaria vita, è stata recisa da Martina Mercuriali e dall’ineducazione di una complessa realtà sociale priva di valori, ma i familiari che seguiranno ogni fase del processo penale sperano che la Giustizia applichi equamente la legge.
Pubblicato 05/03/2020
Mara Macrì ( info@actapopuliinternational.net)
“L’unico strumento che ho per gridare il dolore e la rabbia per mia figlia,
investita e uccisa un anno fa, è la parola e con quella voglio farmi sentire”.
E’ straziata Sanda Sudor, la mamma di Alina Marchetta, la 26enne
morta il 7 aprile dell’anno scorso, in via Salinatore a Forlì. La
ragazza, una bellissima giovane arrivata a Forlì per gestire un negozio nel
centro commerciale Punta di Ferro, venne colpita nella mattinata, mentre
camminava tranquilla su un percorso pedonale, da un palo abbattuto da un’auto.
A guidare quell’auto impazzita c’era una sua coetanea. Giovedì si è tenuta la
prima udienza per omicidio stradale. All’udienza erano presenti tutti i
familiari di Alina: il padre, la madre, le due sorelle e il fidanzato. La
madre, Sanda Sudor, è un’artista che vive in Olanda.
Dopo un anno dalla morte di sua figlia, penso che nulla sia cambiato dentro
il suo cuore…come si sente?
“Dicono che il tempo placa il dolore, ma non è così. Ogni giorno che passa per
me è più difficile accettare l’assenza…voglio credere ed illudermi che Alina
debba tornare da un lungo viaggio. Voglio credere che Alina non viva più qui ma
esista. Lo so perfettamente che solo i genitori orfani dei figli possono capire
il senso di queste parole”.
Che cosa si aspetta dalla giustizia?
“Aspetto che la giustizia sia il supporto giusto, morale e materiale, di ogni
persona che ingiustamente subisce le atrocità da parte di altre persone. Mi
aspetto che la giustizia faccia “giustizia” in confronto di chi soffre, di chi
é oramai condannato come me all’ergastolo del dolore. Non può esistere il rito
abbreviato o patteggiamento. E’ da questo “sistema” che parte il malessere
della società italiana contagiata dal virus dell’ingiustizia, dell’ignoranza,
dell’inconsapevolezza”.
Ha lanciato un concorso artistico in nome di Alina? Può parlarmene?
Dal momento che non sono riuscita come madre a impedire ad Alina di morire,
voglio lottare per sopravvivere e lo faccio con l’unico strumento che conosco,
che mi sorregge e mi sostiene: l’Arte. Voglio che sia l’Arte a tenere Alina
viva, che sia l’arte a far comprendere il passaggio tra la vita e la morte.
“Artisti per Alina” è il progetto di vita, progetto da cuore al cuore, e
dovrebbe essere di tutti quelli che non accettano l’ingiustizia del destino, di
quelli che non conoscono piu’ i limiti del dolore. Sono stati selezionati 40
artisti con 65 opere in gara ( tutti campi dell’arte visiva – pittura,
scultura, fotografia, design, grafica/illustrazione, video) e assegnerò tre
premi ( Primo premio “Alina” in valore di 1000 euro, secondo e terzo premio
rispettivamente in valore di 600 e 400 euro). Le opere possono essere visionate
sul sito www.sandasudorart.com
La mostra “Artisti per Alina” sarà inaugurata il 7 Aprile nell’ Oratorio San
Sebastiano di Forlì per essere poi trasferita a Spoleto, dov’è cresciuta Alina,
dal 16 maggio al 29 maggio”.
Ha altri progetti per ricordare sua figlia?
“Sto mettendo le basi della Fondazione Alina Foundation con la sede
in Olanda, dove vivo, e con il campo operativo in Italia e Olanda. Una
fondazione che difenderà gli artisti, supporterà gli artisti. Sono gli artisti
veri con l’anima pura, con il senso del coraggio che hanno creduto in questo
progetto di vita dedicando ad Alina parte del loro tempo, a far vivere Alina. E
io devo tutto a loro. Sono loro la parte migliore della nazione italiana”.
Che tipo di figlia era? Che futuro si immaginava per lei?
“Come potrei parlare di Alina senza l’impotenza, la rabbia e il dolore? Un
anno fa ho iniziato insieme ad Alina il viaggio nell’amore, nel
dolore, nella conoscenza senza il quale non potremmo mai avvicinarci al
mistero. Alina è il senso di ciò che chiamavo vita. Era speciale. Dal
giorno in cui lei si è resa conto che tutti gli adulti sono imperfetti, è
diventata un’adolescente. Dal giorno in cui ha
cominciato perdonare è diventata un’adulta. Pochi giorni prima della tragedia
con un messaggio vocale ha perdonato sè stessa diventando, forse,
troppo saggia per questo mondo. Se mi chiedete come resisto vi dico: aspettando
ogni giorno il suo ritorno tra le mie braccia e imparando che
il desiderio bisogna tenerlo vivo nel cuore. Adesso in questa mia seconda vita non
mi fa più male la schiena, fa male il carico, non mi fa male la testa, mi fanno
male i pensieri, non mi fa male il cuore, mi fa male il vuoto. Mi sembra
di sentire Alina che mi dice: “Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri e
dalla tua mente, solo perché sono fuori dalla tua vista? Non sono lontano, sono
dall’altra parte, proprio dietro l’angolo… va tutto bene mammy, ritroverai
il mio cuore. Asciuga le tue lacrime e non piangere, se mi ami: il tuo sorriso
è la mia pace”.
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